Scuola Primaria

L'Analogia del Mondo

Dal mythos della Trasformazione al logos del Numero

I. NARRARE.

[Discipline coinvolte: Italiano, Scienze, Arte e Immagine]

Raccontare il mondo che ci circonda come un festoso e libero avvicendarsi di forme, unite da storie e appassionanti intrecci d'eventi.

L'evento, l'accadere e il suo senso è ciò che attrae l'attenzione dell'uomo che fa esperienza.

L'evento dell'apprendimento scolare sarà dunque il perimetro d'ascolto di un mondo di racconti e narrazioni sempre più nitidi e trasparenti alla comprensione. È dunque ascoltando delle storie e cercando il loro senso, che s'arriverà al cospetto dei fenomeni naturali prima, e e matematici poi, sentiti infine come un insieme di processi e accadimenti - un coro di voci e intrecci appassionanti! - piuttosto che come il giustapporsi di una serie di meccanismi muti.

1. La Metamorfosi nei miti e nelle favole. - Da Pinocchio a Ovidio, ai Pokemon, a Cenerentola… si raccontano le metamorfosi che popolano il mondo incantato della fiaba.

2. La Metamorfosi nella natura. - Il bruco e la farfalla, il girino e la rana… si cercano e contemplano le metamorfosi che popolano il mondo meraviglioso della natura.

3. La Trasformazione. - Si raccontano i più comuni fenomeni di vita del ciclo naturale: il fiore che diventa frutto, l'uovo che diventa pulcino... La Metamorfosi si trasforma... in Trasformazione (la magia diventa natura, la natura si mostra magica).Compare la TAVOLA PITAGORICA DELLA TRASFORMAZIONE.

4. Il Fenomeno - Si raccontano i cicli degli elementi naturali in questi stessi termini di intreccio di storie e di forme.

II. CONTEMPLARE.

[Discipline coinvolte: Italiano e Scienze]

1. Lo zero incantato del mondo: la fiaba della Metamorfosi.

metamorfosi della zucca

Il bimbo ama e sente la Metamorfosi come verità profonda del mondo. Un ciocco di legno si trasforma in burattino, che si trasforma in asino, che si trasforma in bambino … una zucca si trasforma in una carrozza, una sirena si trasforma in fanciulla, che si dissolve in schiuma del mare...

Il bimbo crede indiscutibilmente a queste storie. In questa dimensione primigenia del suo cammino esperienziale, la mente umana non oppone alcuna obbiezione a quanto le viene narrato, proprio perché l’unico criterio di verità è il senso verace del racconto, garante assoluto e supremo della possibilità di fenomeni (per noi) inverosimili. Del resto, se così non fosse – se per l’uomo in generale il senso delle storie non fosse più potente della verisimiglianza di superficie dei fenomeni mostrati –.... come potremmo usare un ciocco di legno che si trasforma in un asino, per educare il bambino alla più granitica delle verità letterali cui deve dar retta - enunciata da un grillo che muore e poi resuscita - : e cioè che se non studia "finisce in prigione o all'ospedale"?.

Tutte le tradizioni scritte e orali dell’umanità straripano di storie di metamorfosi... perché prima di poter comprendere il "ciclo dell'acqua e dell'aria", la nostra mente vuole ascoltare la sua fiaba più vera...

"In mezzo al mare l'acqua è azzurra come i petali dei più bei fiordalisi e trasparente come il cristallo più puro ; ma è molto profonda, così profonda che un'anfora non potrebbe raggiungere il fondo; bisognerebbe mettere molti campanili, uno sull'altro, per arrivare dal fondo fino alla superficie. Laggiù abitano le genti del mare...

miti di metamorfosi

Una condensazione...

"...ti preparerò una bevanda, ma con questa devi nuotare fino alla terra, salire sulla spiaggia e berla prima che sorga il sole. Allora la tua coda si dividerà e si trasformerà in ciò che gli uomini chiamano gambe. Soffrirai come se una spada affilata ti trapassasse. Tutti quelli che ti vedranno, diranno che sei la più bella creatura umana mai vista! Conserverai la tua aggraziata andatura, nessuna ballerina sarà migliore di te, ma a ogni passo che farai, sarà come se camminassi su un coltello appuntito, e il tuo sangue scorrerà. Se vuoi soffrire tutto questo, ti aiuterò!» «Sì» esclamò la principessa con voce tremante, pensando al principe, e all'anima immortale. «Ma ricordati» aggiunse la strega «una volta che ti sarai trasformata in donna, non potrai mai più ritornare a essere una sirena! Non potrai più discendere nel mare dalle tue sorelle e al castello di tuo padre; e se non conquisterai l'amore del principe, cosicché lui dimentichi per te suo padre e sua madre, dipenda da te per ogni suo pensiero e chieda al prete di congiungere le vostre mani rendendovi marito e moglie, non avrai mai un'anima immortale! e se lui sposerà un'altra, il primo mattino dopo il matrimonio il tuo cuore si spezzerà e tu diventerai schiuma dell'acqua!» «Lo voglio ugualmente!» disse la sirenetta, che era pallida come una morta.

...e una rarefazione

miti di metamorfosi

...ma una sirenetta diventata spuma di mare per salvare un principe e la sua felicità terrena, fa diventare Amore quella stessa spuma!...

miti di metamorfosi

E così, se dal'acqua, dall'aria, dal sole e dalla terra può nascere il legno dell'albero, allora questo stesso legno potrà trasformarsi in un bimbo... o nella storia terribile di Pier delle Vigne: un uomo ritrasformato in sterpo per essersi tolto la vita, così come i compagni di Ulisse che, "dimentichi del ritorno" vengono trasmutati in maiali...

miti di metamorfosi

In questa fase i bambini vengono spinti a riflettere sulle storie ascoltate, a trovarne nei libri, al cinema etc. e a inventarne loro stessi.

2. La magia della natura: le metamorfosi che ci circondano.

Una volta risvegliato e reso sensibile questo campo di attenzione sottile e profonda, si mostra al bambino che non solo il mondo delle fiabe, ma il mondo naturale stesso è un posto magico in cui hanno luogo metamorfosi altrettanto incredibili: il girino somiglia tanto poco alla rana, e il bruco alla farfalla, quanto un burattino somiglia a un asino...

rane e burattini

ma anche in questo caso il bimbo crede indiscutibilmente che il girino si trasforma nella rana, perché è questo che gli racconta il mondo. Dunque è ora il mondo naturale stesso la fonte autorevole che fa credere all’inverosimile. Il bimbo viene spinto allora a cercare intorno a sé altri esempi di metamorfosi, a raccoglierne le immagini e a distinguere tra la storia di una metamorfosi "incantata" - come quella di Zeus in cigno, per amore di Leda, o quella di Odette, nel "Lago dei Cigni" - e una metamorfosi naturale, come quella del Brutto Anatroccolo.



3. Il cosmo della natura: dalla Metamorfosi alle due direttrici della Trasformazione.

trasformazione della zucca

In cerca di metamorfosi naturali (dal bruco alla farfalla), i bimbi troveranno certamente fenomeni ordinariamente non assunti come "metamorfosi", come per esempio il tuorlo d’uovo che si trasforma in pulcino.

Si pone allora l’attenzione sull’universalità naturale della Metamorfosi, che si trasforma così in Trasformazione.

Facciamo vedere al bambino che lui sa distinguere un’arancia da una pesca o una mela, ma che a partire dall’arancia o dalla mela, così tanto conosciute … non sa riconoscere un arancio, e tanto meno il seme di un arancio... nonostante che il seme e il frutto, e la foglia, e il fiore... non siano che parti di uno stesso albero.

Allo stesso modo, il bambino si renderà conto che sa distinguere tra quaglia e piccione, ma non sa risalire dalla quaglia all’uovo della quaglia, distinguendolo da quello del piccione. Si mostra allora il mondo come un inesauribile susseguirsi di forme naturali, apparentemente del tutto eterogenee le une rispetto alle altre… e proprio questo distilla infine per contrasto, davanti alla sua mente, l’esistenza di due direttrici dimensionali pulsanti nel cuore dell'universo che lo circonda:

A) UNA DIRETTRICE VERTICALE dell’ordine naturale, in cui le cose non si somigliano – seme-radici-tronco/rami-foglia-fiore-frutto – ma sono potentemente unite dall’evidenza, tanto più forte, del loro legame processuale e logico: la foglia non somiglia al ramo, il fiore non somiglia alla foglia, e il frutto non somiglia al fiore… ma questo non fa del frutto una "metamorfosi" della foglia, bensì una trasformazione naturale, perché si tratta di fasi di una stessa vita di uno stesso albero;

B) UNA DIRETTRICE ORIZZONTALE dell’ordine naturale, in cui le cose si somigliano: tutti i semi, tutte le radici, tutti i tronchi e rami, tutte le foglie, tutti i fiori si somigliano tra loro, abissalmente di più di quanto una foglia somigli a un ramo, o a un fiore... Il bambino al mercato riconosce immediatamente il banco della frutta rispetto a quello del fioraio, ma dal fioraio ci sono i fiori del pesco, mentre le pesche stanno da un altra parte, accanto alle mele, e hanno la stessa forma sferica, che non ha niente in comune con la forma dei fiori etc.



Questa tavola rappresenta le due direttrici logiche percorse non solo dai fenomeni del mondo, ma dalla mente umana stessa, nella sua "insiemistica naturale"... e siamo così arrivati al passaggio/cerniera dell'intero programma per le Scuola Primaria. Fermiamoci allora per un commento teorico a questo schema, cominciando con una digressione gnoseologica e storica, per arrivare alle sue conseguenze didattiche.

LA TAVOLA PITAGORICA DELLA TRASFORMAZIONE:
ridare una Logica al numero, e un Senso agli "insiemi".

La nozione matematica di insieme/classe è nata dal seno di una ri-considerazione puramente logica del numero, elaborata da Cantor/Dedekind/Frege per emancipare l'aritmetica - e con essa tutta la scienza - tanto dal "pensiero aggregativo" di unità numeriche 1,2,3... viste come "sabbia di grani di quarzo" (Frege[1A]) che dal pensiero pre-logico e immaginativo di un' estensione numerica (come ) geometricamente giustificata. Per i fondatori della prospettiva insiemistica inoltre, il peggio - il fatto "vergognoso" per Frege e "rivoltante" per Dedekind - era che la semplice mancanza di ogni rigore effettivamente matematico nelle definizioni fondamentali, venisse costantemente sdoganata e giustificata da "esigenze di carattere didattico"[1B]). Purtroppo, e come se tutto questo non fosse stato detto e denunciato dai creatori stessi degli insiemi, delle classi e degli ellissoidi puramente logici destinati darne una rappresentazione immaginativa [John Venn,1880]:

1) quanto ai numeri, i pre/a-logici granelli di sabbia (palline) del "pensiero aggregativo" affollano ora - sui libri di didattica elementare - dei semplici cerchi colorati, all'occorrenza "vuoti", mentre la linea di frazione e la "linea dei numeri" vengono di regola tagliate con le forbici, o col coltello dei dolci;

2) quanto ai concetti, degli aggregati di cose vengono riuniti secondo attributi (colori etc) del tutto privi degli unici tratti quantitativo/aritmetici insiemisticamente interessanti.

Ora questa separazione stagna tra classificazione logica e conta/misura numerica, rende del tutto impossibile:

1) Intendere cosa sia lo 0 (potenza zero, grandezze negative etc.) perché uno zero puramente logico (e dunque in realtà pre-logico) significa che nei cerchi colorati non ci sono né pesciolini né palline, e un pesciolino negativo o una "- pallina" sono cose prive di senso.

2) Intendere cosa sia una frazione , dal momento che se dividere numeri significa tagliare torte, e la frazione è una divisione, allora non si capisce perché una linea di frazione posta tra due numeri razionali può far ottenere un numero razionale più grande di quello di partenza (e viceversa: moltiplicare due frazioni può diminuire la quantità numerica di partenza).

3) Intendere cosa sia una grandezza incommensurabile, perché l'idea che data una torta e tot invitati non si possa trovare un coltello sufficientemente preciso per dare a tutti una fetta di uguale misura è un'idea semplicemente falsa, mentre immaginare che, dati due segmenti di diversa lunghezza - e dunque un segmento e una sua parte propria - non si possa trovare un segmentino sufficientemente piccolo da misurarli entrambi, è una idea semplicemente impensabile.

L'alternativa a questa catastrofe didattica c'è, ed è quella di servirsi effettivamente degli strumenti logico/epistemologici che quegli stessi Cantor, Dedekind, Frege, Venn... hanno creato nel momento in cui, per aiutare la compresione matematica del numero, hanno messo a punto tutta la strumentazione simbolica e operatoria di cui i testi attuali fanno così largamente uso.

Si badi che parlo qui di strumenti per la didattica!, non del recupero del programma logicista, che resta un obiettivo prioritario della ricerca in Eironeia.

Per farmi intendere su questo punto delle due direttrici logiche (somiglianza orizzontale e differenza verticale) della nostra "insiemistica naturale" - e dunque sul fondamento effettivo della mia tavola pitagorica della trasformazione - consedererò ora un esempio analogo a quello della potenza zero, esaminato nella pagina sull' Offerta Formativa.


"Denominare" significa dare un nome.
"Comun denominare" significa dare lo stesso nome.


Se il numero naturale anti-fregeano ha più o meno sempre l'aspetto di una pallina colorata, la frazione anti-dedekindiana ha - superata la fase 0 della torta e attinto il primo passo verso il numero razionale - l'aspetto di una figura geometrica, in genere quadrati/rettangoli o cerchi:

Il secondo passo è l'introduzione dell' addizione tra due frazioni con lo stesso denominatore:

Il terzo passo è l'introduzione dell'addizione tra due frazioni con differente denominatore,poniamo 5/9+2/7. In questo caso l'alunno deve imparare a ricondurre le due frazioni a un comune denominatore, e cioè a passare per una fase intermedia (qui sotto segnalata dal giallo nella regione tratteggiata in rosso) che non è presente nel caso di frazioni con lo stesso denominatore:

Ora, nel mondo degli anti-dedekindiani numeri/grandezza, la necessità di questa riconduzione dei "noni" e dei "settimi" a dei "sessantatreesimi" è perfettamente incomprensibile - tanto quanto è incomprensibile la potenza zero se i numeri sono grani di sabbia e lo zero è un cerchio senza sabbia dentro.

Rappresentiamo infatti l'espressione "settimi", col rettangolo utilizzato nel caso dell'espressione "noni" (con "NG" intendo il numero/grandezza pre-dedekindiano):

Su questa base immaginativa, addizioniamo 5/9 e 2/7:

Ecco fatto!. Gli occhi dell'alunno vedono l'evidenza di UNA grandezza totale verde e rossa, che per esistere come somma davanti ai nostri occhi e al nostro intendimento non ha alcun bisogno di passare per una ri-denominazione dei suoi componenti. In un colpo solo abbiamo dunque 1) addizionato il razionale/grandezza NG' denominato "settimi" e il razionale/grandezza NG'' denominato "noni", senza alcun bisogno di ri-battezzare entrambi come "sessantatreesimi"; 2) fatto finta che l'immensa fatica di Simone Stevino e Richard Dedekind non sia mai esistita; 3) abbandonato noi stessi e l'alunno nel non-luogo di una pseudo-comprensione che gli e ci si abbatterà contro nel momento in cui, per far capire il senso di dovremo spiegargli che nel "quadrato di lato unitario" NG=1 i cui due estremi (=parti) AB coincidono con gli estremi (=parti) delle due diagonali d' e d'', questo stesso lato e queste stesse diagonali non sono "divisi" né dal numero 1, né dalle loro parti coincidenti all'interno del quadrato in questione, e che questo è il senso del simbolo . Nel mondo dei numeri/grandezza/grani-di-sabbia - in cui i numeri non hanno logica e la logica non ha né segno ( + o -) né 0 - tutto questo non ha nessun senso, e quello che ci resta tra le mani sono simboli (non "insiemi") vuoti, e cioè segni oscuri quanto solo possono esserlo 0 pescioluni rossi in un acquario senz'acqua.

L'alternativa didattica c'è, e la mia tavola pitagorica della trasformazione ne è un'espressione chiara. Se ridiamo senso alle parole utilizzate dall'inizio, possiamo ricomnciare da "divisione", che nell'etimo è di-visione, e nel greco matematico è "diaïresis" [airéo=scelgo].

In entrambi i casi, per duplicare la nostra visione/idea [v-ideo], al suo interno tra-scegliendo due invece che uno [1 = l'idea stessa come totalità indistinta, alla sua 1a apparizione]... "attraversando" l'ambiente dove l'abbiamo rinvenuta [dove di- è "dia", come in "dia-logo" o "dia-fano"] non c'è bisogno di segare e frammentare nè linee geometriche né torte né pani dispari, perché si tratta di un traslato attraversare con la nostra mente lo spazio puramente logico di una identità di genere, resa in se stessa tras-parente [dia-fana] dalla nostra lente intellettuale che - come al mare con maschera e boccaio - ci permette di percepire il fondo attraverso il contatto con la superficie.

La "diairesis" è infatti per i greci il procedimento di istituire una "dif-ferenza specifica" [la dia-phorà, che in Dedekind è la Verschiedenheit colta dal nostro spirito, che opera dunque quella Einteilung - partizione interna puramente matematica, chiamata Scnhitt: "taglio" ]... nel seno di una identità generica, secondo il rapporto logico genere/specie proprio di qualunque composto definitorio.

Ci sono gli alberi (genere) e gli aranci (specie), ed è certo che non possiamo segare e frammentare in pezzi l'Albero, se vogliamo ottenere un Arancio, anche se è vero che il genus Albero si "sub-divide" - dia-forizza, differenzia... - in specie. Ora i bambini sanno benissimo che non possiamo sommare metri e chili, perché sarebbe come sommare mele e arance: e questa è la prima conseguenza aritmetica della scelta logica di enumerare gli oggetti nella linea 2 della nostra tavola, denominandoli dif-ferentemente, e cioè verticalmente, "arancia", "mela", "ciliegia" etc. Potremmo comun-denominarli orizzontalmente "frutta" e allora avremmo 5 frutti - ma finché decidiamo di denominarli secondo la loro differenza specifica - e cioè tenendoli ben stretti appesi al loro proprio albero di provenienza - ... non potremo sommarli tra loro, perché è così che abbiamo deciso.

Il bambino questo lo capisce perfettamente: basta tenergli a mente che i NUMeri son NOMi, e che quando c'è un nome c'è sempre un COG-NOME. Così, come lui e chiunque altro ha un NOME che è solo suo - per cui non potremo mai dire: "ecco i signori Fabrizio" (fa ridere!) - ma ce ne ha pure un altro - il CON-NOME in comune coi suoi familiari, per cui possiamo dire "ecco i signori Rossi" (come i pesciolini)... allo stesso modo ogni numero/frazione ha un con-nome, che si mette su, e si chiama numeratore, e un nome, che si mette giù a de-nominare il numero, e per questo si chiama de-nominatore, e fa la differenza tra la frazione da lui denominata e tutti gli altri numeri/frazione che non portano il suo stesso nome scritto in basso. Dunque, quando il de-nominatore che fa-la-differenza neanche è presente, allora quello è un numero che può formare una famiglia con qualunque altro numero che pure lui non fa la differenza: i grandi dicono che n+m=x "ha una soluzione" per qualunque numero "naturale". Ora, con la stessa immediatezza con cui sa che "i signori Fabrizio" fa ridere mentre "i signori Rossi" no, il bambino sa anche che basta de-nominare differentemente una ciliegia, per poterla considerare dentro la stessa famiglia delle pesche e delle arance etc. ottenendo così la famiglia dei signori Frutta che lui conosce benissimo, dove il cognome "Frutta" non è un ammasso di materia da tagliare, nè un frullato di cose da mischiare, ma semplicemente il nome di un insieme di cose molto buone da mangiare, che ci permette di poterle trovare tutte raccolte insieme al mercato quando ci andiamo con la mamma.

Questa possibilità (=POTENZA) sempre aperta di dare uno stesso nome - come "SESSANTATREESIMI" - a due numeri differentemente de-nominati, come il signor n SETTIMI e il signor m NONI è la Magia del Numero, e questa magia, che permette di mettere in una stessa famiglia due numeri con nomi diversi come se potessimo trasformare un pesca in un'arancia a nostro piacimento, si fa con la tecnica del comune "multiplo", e cioè "moltiplicando" i due nomi non sommabili (perché stanno sotto e fanno la differenza!) p=7 e q=9 così da ottenere il BI-NOME pq, per gli amici 63. E così, grazie al (da noi!) PRODOTTO nome logico/aritmetico 63, de-nominatore nuovo di zecca dei signori n/7 e m/9, adesso possiamo unirli in una SOMMA.

Che esperienza ha fatto il bambino in questo modo? ha fatto l'esperienza della sua potenza di de-nominare quello che ha davanti, secondo la sua scelta di classificazione.

Lo zero di questa tavola pitagorica della trasformazione è dunque infine il bambino stesso, e la sua capacità di viaggiare in verticale e in orizzontale, lungo le somiglianze e le differenze che via via scoprirà nella sua esplorazione del mondo.

Nelle nostre lezioni, questa potenza verrà esercitata con consapevolezza, tanto in verticale e in orizzontale. Si sensibilizzeranno così i bambini a questi due ordini naturali del mondo: l'ordine verticale è quello dell'identità propria - della "differenza specifica" - degli esseri viventi, che in se stessi hanno la potenza di riunire ("produrre" e ri-produrre) forme tra loro del tutto eterogenee; mentre l'ordine orizzontale, analogico e corale, è quello in cui tutto quello che esiste mostra di partecipare all'unità e all'armonia di una sola Natura.

I bambini raccoglieranno esempi, e riempiranno la loro "tavola pitagorica" delle forme del mondo, e delle creature che in sè le riuniscono, per far sentire attraverso di esse la propria inconfondibile (= incommensurabile!) voce.

4. Il ciclo degli elementi e l’avvicendarsi delle forme.

Su questa base narrativa ora risvegliata, si racconta il ciclo degli elementi : come si forma una goccia d’acqua in mezzo all’aria? (condensazione della pioggia)… e come si forma una bolla d’aria in mezzo all’acqua (ebollizione, o bollicine frizzanti che nascono dal nulla in fondo al bicchiere…). L’attenzione è innanzitutto su queste storie… che il bambino al momento si limita ad ascoltare, ma le storie sono raccontate in parallelo analogico: un goccia d’acqua che piove sulla superficie dello stagno, è sferica come la bolla d’aria creata dalla rana in apnea: l’una cade dal cielo, l’altra sale dal fondo… sulla stessa superficie.

Piovono gocce d’aria sul tetto dell'acqua, o si posano bolle d’acqua sul fondo dell’aria?

L’attenzione si allarga via via alle forme della natura: le onde nello stagno si espandono concentriche una dopo l’altra dallo stesso centro, così come fanno i cerchi che di anno in anno segnano l’espandersi dell’albero caduto un giorno, come seme, nello stagno della terra… e che da allora sale come un vortice, allungandosi... come la fiamma di una candela… distendendosi... come l'eclittica di un sistema solare nello spazio cosmico.

l'analogia delle forme

Le stesse forme giocano e danzano come in una festa infinita… e il bimbo gioca con loro e le vede danzare: sull'orizzontale armonica del loro coro, e sulla verticale della loro unica e inimitabile voce solista….

III. TEMPORALIZZARE.

[Discipline coinvolte: Italiano e Scienze]

1. Le FASI

Quello che caratterizza le Trasformazioni rispetto alle Metamorfosi, è un ordine narrativo di sviluppo secondo fasi. Il ciocco di legno non è una fase naturale di sviluppo del bimbo Pinocchio, come non lo è l’asino: le Metamorfosi giustappongono magicamente forme naturali (la verità del loro susseguirsi è unicamente profonda, incantata e narrativa) mentre le Trasformazioni fanno susseguire le forme (per quanto eterogenee) secondo un ordine naturale di sviluppo, universalmente riconoscibile.

Ci si concentra ora su questa direttrice verticale naturale, analogicamente proiettata sul tutto l’universo conosciuto dal bimbo: il cucciolo del gatto, del fiore, dell'uomo, di Dio...dicono tutti, inequivocabilmente e con la stessa chiarezza, che per venire alla luce bisogna cominciare...

La stessa cosa vale per il ciclo degli elementi. Quando la goccia si forma in cielo per condensazione, appare tutta insieme in un solo istante, oppure c’è un tempo di formazione? Te lo immagini questo tempo? Per esempio, quando si dice: "sta per piovere"… cosa immagini che accade nel posto in cui – come le bollicine nell’aranciata – cominciano a formarsi le gocce d’acqua? E cosa pensi che succede da quando accendi il fuoco sotto la pentola, e dopo un po’ si creano le bolle? Osserva: si creano subito già fatte, o succede qualcosa prima? E anche in questo caso, lo sapresti dire "sta per bollire"? E da cosa te ne accorgi?

2. La Potenza/Atto

Il narrativo e naturale susseguirsi secondo fasi di qualunque cosa viva nel mondo, distilla nell’animo del bambino la doppia polarità della potenza e dell’atto.

La sensibilizzazione al tempo interno di ogni processo secondo un incipit germinale (sta per piovere, sta per bollire) e la piena manifestazione di quello che così si annuncia, fa infine ben intendere al bambino che una forma manifesta – per esempio un uovo – non è solo ciò che attualmente essa è, perché allo stesso tempo è la potenza di qualcosa: si insegnerà allora a saper dire non che "nell’uovo" c’è il pulcino (altrimenti come ti potresti fare l’uovo al tegamino?), e neanche che a un certo punto così d’un tratto nasce un pulcino dall’uovo, ma che dentro l’uovo avviene una trasformazione che prende del tempo, e che dunque l’uovo porta in sé la potenza di questa trasformazione (e cioè l'uovo è un pulcino in potenza), per attualizzare la quale serve il calore, così come serve acqua, aria e sole perché nella terra il seme di trasformi in pianta, e serve l’educazione perché un bimbo si trasformi in uomo.

3. Il Tempo

[Discipline coinvolte: Italiano, Religione, Scienze]

Chi sa raccontare, sa anche contare.

Mostriamo ora al bambino che lui sa già contare i tempi del mondo. Abbiamo a questo punto già risvegliato in lui un senso del tempo naturale più profondo e comprensibile di quello dell’orologio: per fare un albero ci vuole un fiore… e ci vuole tempo.La goccia d’acqua in cielo ha i suoi tempi per condensarsi, e cosi il pulcino nell’uovo… Niente viene fuori tutto insieme: neanche Dio, che pure lui è arrivato tra noi come qualsiasi altro cucciolo.

E allora, chiediamo al bambino: li sappiamo contare i tempi delle cose?

Quanti tempi, per esempio, per UN uomo? - DUE!:da piccolo e da grande... TRE! - Bambino, adulto e vecchio... QUATTRO! - Bambino, giovane, adulto e vecchio...CINQUE! - Neonato, bambino, giovane, adulto e vecchio... SEI! - Nella pancia della mamma, neonato, bambino, giovane, adulto e vecchio... SETTE! - Nella pancia della mamma, neonato, bambino, adolescente, giovane, adulto e vecchio...

E UN albero? Quanti tempi ha? DUE! - Seme e albero...TRE! - Seme, pianta e albero...QUATTRO! - Seme, pianta, albero, foglie...CINQUE! - Seme, pianta, albero, foglie, fiori…

Si insegna così al bambino a contare – e dunque a sentire – i tempi naturali delle cose che lo circondano, e sul fondo, dunque, unico e coerente, silenziosamente uno per tutte, il TEMPO .

IV. MISURARE

[Discipline coinvolte : Scienze, Musica, Tecnologia, Matematica]

1. Battere il tempo: la Musica.

Il solfeggio naturale degli alberi, e la musica in classe.

Una volta che il bambino ha sentito e capito che la vita del mondo e delle creature che lo abitano si svolge nel tempo, non in astratto - sulla "linea del tempo" - ma perché ogni cosa ha il suo tempo possiamo porre la domanda: "e ora che sapete contare i tempi degli alberi e delle stagioni, dei pulcini e degli uomini, della condensazione e della rarefazione… lo sapreste contare il Tempo, da solo – il tempo comune a tutte le creature – così come fate per i tempi delle singole creature e dei singoli fenomeni?"

" ... "

"Non avete capito la domanda? Diciamo così allora: se questa è un’arancia, tu sei sicuro che perché si formasse abbiamo dovuto aspettare una serie di tempi: 1) il seme piantato nella terra, 2) la pianticella che cresce; 3) l’albero maturo; 4) il tempo dei fiori; 5) il tempo delle foglie; 6) il tempo della nascita dei frutti; 7) il tempo della maturazione dei frutti. Almeno sette tempi:OK?"

"Sì!"

"Noi sappiamo quindi che l’albero sa contare i suoi propri tempi, e a tempo dovuto dà i fiori, le foglie, i frutti… E infatti gli alberi tagliati vengono usati dall’uomo per misurare il tempo: si contano i cerchi dei grandi alberi secolari , e si giudica così in che epoca sono stati piantati. Insomma... tante creature sanno naturalmente misurare il loro proprio tempo. OK?"

"OK!"

"Adesso rifaccio la domanda: lo conoscete un modo per contare i tempi dentro il Tempo, in modo che possiate dire con certezza: "ne è passato del Tempo!: sono passati tre, quattro, cinque tempi… dall'istante in cui ho cominciato a contare!" ?..."

"L’OROLOGIO!"

"Bravi! L’orologio - TIC-TAC-TIC-TAC… batte il tempo! Va bene…. ma mica l’albero c’ha l’orologio per saper fare i fiori a tempo debito! Oppure ce l'ha nel panciotto?"

"MA NO!"

" E allora io vi chiedo: senza orologio, voi lo sapete fare quello che fa l'albero? Sapete tenere il conto del tempo?"

Arriviamo così alla MUSICA.

Il bambino capisce che – calendario e orologio a parte – lui stesso ha , come gli alberi e i pulcini – il senso del tempo e della durata. Gli si fa vedere che se si impegna, sa far durare una stessa canzone sempre lo stesso tempo, anche senza orologio. Ma la musica non è solo ritmo: la melodia e l’armonia sono capaci di far sentire un inizio, prevedere una fine, ascoltare una pausa. Si ascolterà allora la musica mostrando che in questo modo si ascolta il modo in cui il tempo scorre e viene misurato secondo fasi, e secondo potenza/atto.

2. Far battere il tempo: il Pendolo.

A questo punto si chiede come fa l’orologio a battere dei tempi sempre uguali, e si introduce il PENDOLO come fenomeno fisico, l’OROLOGIO A PENDOLO come strumento di misura del tempo, e il METRONOMO come strumento di misura della musica. Si mostra che il pendolo oscilla sempre con la stessa frequenza, qualunque cosa succeda, perché la frequenza resta la stessa a prescindere da ampiezza e velocità di spostamento della sfera oscillante.

Una volta capito l’ISOCRONSMO, si fa capire la differenza tra una clessidra e un pendolo: se urti la clessidra disturbi la sua capacità di misurare, mentre se urti un pendolo no.

Si fa costruire un pendolo, e si mostra il funzionamento del metronomo e dell’orologio a pendolo. Si fa capire la relazione tra rotazione della terra e la regolarità del pendolo come fenomeno di caduta sulla Terra.

V. CONTARE

[discipline coinvolte: Matematica, Scienze, Musica]

Siamo infine arrivati al NUMERO.

Il mondo del bambino è ora popolato di metamorfosi, trasformazioni, fasi e tempi, sviluppi, processi, ritmi e storie... e il bambino ha in più già enumerato tutto questo - "1: un seme! 2: una pianticella!… 3: un albero!… 4: un frutto!..." - ha sentito il solfeggio naturale del mondo, e ha esercitato il solfeggio musicale cantando o battendo il ritmo...

Possiamo allora servirci di tutto quello che ora il bambino sa e sente per parlare della successione 1,2,3,… non in termini di palline o oggetti da accumulare (e dunque non come 1+1+1…), nè di una semplice linea geometrica, ma in termini di fasi di sviluppo e fenomeni di trasformazione. I numeri, che fino ad ora ci sono serviti per enumerare le fasi vitali dei fenomeni che ci circondano (numeri numeranti), vengono visti essi stessi non come sassolini o semplici strumenti, ma come partecipanti (numeri numerati) a quegli stessi fenomeni di vita, sviluppo e trasformazione.

In più, i numeri sono ora pronti ad essere NOMI: nomi magici e potenti, che possono dare una famiglia nuova - una nuova denominazione - a qualunque cosa incontriamo nel mondo o ci venga nella mente...

Quando infine apparirà il seme dello zero, avrà dunque un aspetto del tutto diverso da un semplice e inerte nulla in cui non c'è niente da accatastare: il bimbo avrà già sentito e nel suo cuore saputo che quel cerchietto vuoto non è che la voce della sua più vera libertà di apprendere, e dunque di creare.

VI. CALCOLARE

[discipline coinvolte: Matematica, Scienze]

OBIETTIVO GENERALE: la continuità di senso nell’apprendimento della matematica lungo l'interezza del primo/secondo ciclo dell’educazione.

Strumenti pedagogici: agire sulla pre-comprensione dei simboli numerici e dei loro comportamenti operatori, in modo che fin dall’inizio l’allievo non percepisca aggregati di cose dello spazio ma processi logicamente identificati che si svolgono nel tempo.

Strumenti didattici: non parlare più di "quattro" operazioni alla scuola primaria, per poi aggiungere una "quinta" operazione – la potenza – e la sua inversa, la radice – nel biennio della secondaria, dotate di "proprietà" senza nome. Bensì: parlare fin da subito e simultaneamente di TRE operazioniPotenza, Prodotto, Somma – e delle loro inverseRadice, Divisione, Sottrazione – così come in Geometria si parla fin da subito delle TRE dimensioni dello Spazio (anche se la stereometria appartiene a una fase successiva a quella della geometria piana) mostrando come quelle stesse proprietà della potenza-prodotto-somma si trasformano le une nelle altre col passare di dimensione in dimensione, pur mantenendo il loro senso logicamente unitario e operatoriamente univoco.

Primo passo. La logica d'uso dei simboli: Il Numero-Potenza, il Prodotto, la Somma.

Agire allo stesso tempo e secondo la stessa logica, sulla pre-comprensione del numero e sulla precomprensione dell’operazione sul e col numero.

La totalità direttamente operatoria della matematica insegnata attualmente, si radica in ultima analisi sulla nozione di "prodotto cartesiano" AxA, ultimo referente formale di un’intuizione che non può che essere irriducibilmente binaria dell'operazione, in generale. Qualunque operazione di per se stessa non può infatti che avere la forma a*b=c.

Ora la traduzione didattica di quest’ intuizione fondamentale al livello dell’insegnamento delle operazioni elementari dell’aritmetica (le "quattro" operazioni) – e cioè all’ingresso stesso della mente infantile nel mondo dell’evidenza matematica 1+1=2 – è che l’interna duplicità logica delle due occorrenze dello stesso simbolo 1 significa la presenza davanti all’operatore di due=2=1+1 entità distinte, attuali e reciprocamente esterne, che l'operatore si occupa di assemblare, disassemblare etc. ottenendo un certo risultato finale.

Data questa precomprensione fondamentale della binarietà intrinseca di qualunque fenomeno operatorio, anche la scrittura an è interpretata come una operazione su due cose (Dinge), ciò che rende infine incomprensibili le scritture 0n, n0, n1.

Didatticamente, occorre allora introdurre dapprima la nozione di numero come UNITARIO PROCESSO di CRESCITA, e l’ operazione di elevazione a potenza come operazione su [=fonemeno aritmetico concernente] UN SOLO fattore, che in sé porti – nella logica di come viene insegnata - la nozione dedekindiana di Ab-bildung (Applicazione rappresentazionale) di Ähnligkeit (Somiglianza), e di Abblidung eines Systems in sich selbst (Auto-applicazione rappresentazionale di un sistema in se stesso)… perché solo con la restituzione della duplicità cosale 1+1 alla duplicità puramente rappresentazionale che il singolo numero come tale intrattiene con se stesso (in quanto numerante/numerato) si può procedere derivativamente alla comprensione di cosa sia un prodotto tra due numeri, e cosa ne sia la somma.

Quale sarà lo strumento immaginativo didatticamente adeguato a rappresentare UN SOLO NUMERO che cresce in se stesso, alternativo all’ammassare due o più cose già esistenti l’una sull’altra?

Al posto di questa pre-comprensione di base (Mariscotti) - perfettamente comprensibile per qualunque bambino, di qualunque età:


"Due cumuli cumulati danno un cumulo più grande"

...utilizzeremo questa pre-comprensione di base - anch'essa perfettamente comprensibile per qualunque bambino, di qualunque età:


"Applicarsi con costanza aumenta la propria POTENZA"

Il bambino che apprende vede in questo caso UNA SOLA IDENTITÀ LOGICA crescere su se stessa, attraverso la sola applicazione di sè sul proprio "sistema" a se stesso riferito (sich-selbst ab-gebildet).

Né l'atleta nel suo tutto, né la singola parte che lo costituisce, accumulano in questi casi cose su cose: il fenomeno è quello dell'unitario processo di una sola applicazione di forza erogata ripetuta nel tempo, che genera step by step la crescita[trasformazione] su se stessa di una certa configurazione fenomenica. Il muscolo allenatissimo è infatti nella sua apparenza certamente dissimile dal muscolo d'inizio, così come un pulcino al momento dell'uscita dall'uovo è diverso dal tuorlo/albume presenti all'inizio, e così come il simbolo 3 è diverso dai simboli 0,1 e 2 e il numero 3 è del diverso dai numeri 0,1 e 2 in quanto portatore di proprietà che in essi sono del tutto assenti. Nel caso dell'uovo, la trasformazione avviene in completa assenza di accumuli o aggiunte di altra materia bianca o arancione, e allo stesso modo l'atleta che si [= sich selbst] potenzia attraverso la sola applicazione [=Ab-bildung] non sta ingerendo materia muscolare (semmai continua a respirare... cosa che però fa anche se non si allena).

Non ci sarà dunque bisogno, sulla base di queste pre-comprensioni elementari, di pensare a 2 come all'accumularsi di 1 & 1, perché "2" è senz'altro comprensibile come un fenomeno di [auto]potenziameto (aumento della porpria potenza) così come mostra il sistema di numerazione posizionale al cui interno, qualunque sia la base prescelta, assistiamo a un progressivo aumento, non di taglia ma di potenza combinatoria, via via che si succedono numericamente gli esponenti della stessa base: "unità" non significa infatti 101, ma nove possibili configurazioni simbolico/numeriche; "centinaia" non significa 102, ma novantanove possibili configurazioni simbolico/numeriche etc.

La stessità logica del processo mostra così di essere la BASE, che è uguale per tutti i numeri al grado 0, e cioè prima del primo step di applicazione (esponente 1), che come tale si limita dunque a rendere visibile la base stessa. Nella successione 2,4,8,16… il "2" non è la base, perché la base è la fonte logica dell’identità dell’intera progressione, e cioè il 2 generatore della progressione 20, 21, 22, 23, 24). In questo caso, l'immagine della ghianda e della quercia sarà perfettamente adeguata: al livello del seme 0, tutti le parti 1,2,3... dell'albero dei numeri - radici, tronco, rami, foglie frutti, a qualunque livello del loro sviluppo - sono ancora inespresse, non manifestate, non rappresentate [=nicht aus-gebildet]..., ma sono in potenza tutte presenti.

In che modo si renderanno dunque accessibili il PRODOTTO e la SOMMA? Così:


Acqua e bimbo GIUSTAPPOSTI si SOMMANO per PRODURRE nutrimento

Invece di far capire in quinta elementare che ogni numero intero è per ciò stesso una frazione (programma di classe quarta e quinta: "Scritture diverse dello stesso numero: frazione, frazione decimale, numero decimale ) facciamo innanzitutto capire che ogni numero è per ciò stesso una potenza.

Si mostra in questo modo che il prodotto di due numeri n x m è condizionato alla presenza almeno al primo grado della potenza n1 e m1 di ognuno di essi (altrimenti si ha semplicemente n x 1 o m x 1 o 1 x 1), che è come dire che per bere bisogna 1) essere in vita=possedere una potenza interna; 2) essere nati= possedere una configurazione visibile attuale).

Questo renderà comprensibile la moltiplicazione nei termini del primo teorema dell'aritmetica: ogni numero è un composto moltiplicativo di numeri primi - così come ogni nota è un composto di armonici fondamentali - e la divisione non come tagliare o segare cose materiate, ma come riconduzione ad elementi primi, ognuno dotato di un irriducibile potere di identificazione logica del composto cui partecipa (numero primo = armonico logico). La scomposizione in numeri primi permette infatti l'ottenimento di un comun divisore/multiplo alla sola condizione che ogni elemento primo di base venga lasciato logicamente intatto : 32 [25] può infatti venire venire trasformato in 8 [23](o viceversa) - col trasformare l'esponente 5 nell'esponente 3 - se stiamo cercando un divisore/multiplo comune tra 96 [=25x 3], e 24 [=23 x 3]. Al contrario, se modifichiamo l'identità logica della base 2, smarriamo ogni orientamento nella ricerca di ciò che accomuna - nella divisione o nella moltiplicazione, e dunque nella loro identità razionale - i due nuleri 96 e 24.

Questo mostra che l'esponente non è un numero logicamente autonomo, perché esso non indica che il grado di presenza logica di una certa identità numerica - la base - , e il numero-esponente è un numero [un armonico logico] puramente interno al numero-base.

Una volta capito che il Prodotto presuppone la Potenza, si mostra che la Somma presuppone il Prodotto: solo a questo punto mostrando (come terzostep, dopo l'introduzione di n e di n1, che n/1 non è che un altro modo ("razionale=logico") di esprimere il naturale n, e dunque il numero-potenza n1. Infatti, ogni numero-potenza è già di per sé un prodotto (composizione di primi) e dunque una potenziale frazione, con denominatore 1, e solo perché due "interi" n e m sono in realtà n1/1 e m1/1 - e cioè - ... allora si possono sommare: perché se il de-nominatore non fosse lo stesso 1 non potremmo sommarli, così come lo stesso bimbo che beve non può respirare acqua, perché anche se si giustappone acqua e alveolo polmonare non si produce alcuna sintesi, né di somma né di prodotto - e secondo lo stesso principio il pesce che respira acqua non può nutrirsi di aria.

Tutto il resto del'aritmetica discende con naturalezza da questa base, e anche tutto il resto della matematica, perché su questi fondamenti si intende con chiarezza anche l'arrivo dell'"incommensurabile" .










[1A] Su tutto questo, cfr. la pagina di presentazione generale dell'Offerta Formativa di Eironeia, e le considerazioni epistemologiche generali sui paralogismi che affliggono l'immaginario scientifico attuale.Quanto a Frege, il suo scandalo era proprio questo stesso scandalo: "Non è vergognoso [beschämend] per la scienza, che essa debba essere così confusa riguardo al suo oggetto più più originario, e in apparenza così semplice? Non c'è da aspettarsi che si sappia dire cosa è il Numero. [...] Il presente scritto mostrerà che anche un passaggio in apparenza così banale come quello da n a n+1 si fonda sulle generali leggi logiche [den allgemeinen logischen Gesetzen] e non ha bisogno di particolari leggi del pensiero aggregativo [besondrer Gesetze des aggregativen Denkens. Certo si può fare meccanicamente uso dei numeri, così come si può parlare a pappagallo [papageimässig], ma difficilmente si potrebbe chiamarlo "pensiero". È in effetti possibile, dopo che la lingua dei segni matematici [die mathematische Zeichensprache] sia stata costruita attraverso un autentico pensiero[durch wirkliches Denken] che essa, per così dire, pensi per noi. Ma questo non prova che i numeri sono costruiti in un qualche particolare modo meccanico, come i granelli di sabbia da grani di quarzo.[Gottlob Frege, Die Grundlagen der Arithmetik Breslau 1884, mia trad.]

[1B]Nella famosa Prefazione al suo "Continuità e numeri Irrazionali" del 1872, Richard Dedekind racconta: "Le considerazioni che fanno l'oggetto di questo opuscolo risalgono all'autunno del 1858. Ero allora professore alla Scuola Politecnica Federale di Zurigo, e mi trovavo per la prima volta nella situazione di dover trattare gli elementi di calcolo differenziale. Sentii allora intimamente e come mai prima [und fühlte dabei empfindlicher als jemals frührer] la mancanza di una fondazione dell'aritmetica effettivamente scientifica. Per il concetto di approssimazione di una grandezza variabile a un valore-limite fisso, e in particolare per provare il teorema secondo il quale qualunque grandezza crescente in modo costante, ma non al di là di qualunque limite, deve per forza approssimarsi al valore limite, io ricorrevo ad evidenze geometriche. Ancora oggi, considero che nel primo corso sul calcolo inferenziale, questo ricorso all'intuizione all'intuizione geometrica sia straordinariamente utile dal punto di vista didattico, [vom didaktischen Standpuncte] e perfino indispensabile per chi non vuole perdere troppo tempo. Ma nessuno negherà che questo modo di introdurre al calcolo differenziale non ptuò pretendere ad alcuna scientificità" [Richard Dedekind, Stetigkeit und Irrationalen Zahlen,1872 mia trad.] - "Nella scienza, ciò che è dimostrabile, non deve essere creduto senza dimostrazione. Tuttavia, per quanto questa esigenza sembri evidente, non credo che la si possa considerare soddisfatta nei fondamenti stessi della scienza più semplice, e cioè in quella parte della Logica che è la teoria dei numeri. Nel parlare dell’Aritmetica (Algebra, Analisi) come una parte della Logica intendo dire che considero il concetto del numero come del tutto indipendente dalle rappresentazioni o intuizioni dello spazio e del tempo, e che lo considero piuttosto come un'immediata emanazione delle leggi del pensiero[Ausfluss der reinen Denkgesetze]. La mia risposta principale alla domanda posta nel titolo di questo saggio è dunque in breve: i numeri sono libere creazioni della mente umana [freie Schöpfungen des menschliches Geistes ] e servono come mezzo per cogliere più facilmente e distintamente le differenze [Verschiedenheiten] tra le cose. [Richard Dedekind, Was sind und was sollen die Zahlen? 1888, trad.mia ]